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Storie di Grandi Imprenditori – Parte 3: Henry Ford

Oggi, nella nostra rubrica dedicata ai Grandi Imprenditori, parliamo di Henry Ford, l’uomo che ha portato le automobili alle masse e padre del welfare aziendale

Marzo 2024

Storie di Grandi Imprenditori – Parte 3: Henry Ford

Caro lettore, bentornato tra le righe di “Storie di Grandi Imprenditori”, la nostra rubrica che esplora le vite e i pensieri di tutti quei grandi uomini d’affari che hanno saputo trasformare le loro idee in realtà e hanno lasciato il segno nella storia.

In questo articolo ti parleremo di Henry Ford, il fondatore di una delle più famose case automobilistiche di sempre, nonché l’uomo che ha rivoluzionato il concetto stesso di produzione industriale introducendo il suo nuovo modello: la catena di montaggio.

Questa brillante invenzione, all’inizio del XX secolo, ha permesso al visionario imprenditore statunitense di compiere un’impresa straordinaria, ovvero riuscire a diffondere tra le masse l’automobile, un prodotto che, fino ad allora, era destinato solo ai benestanti del ceto alto.

L’invenzione della catena di montaggio, infatti, consentì a Ford di conseguire un cospicuo abbattimento dei costi e un esponenziale aumento della produzione; tant’è vero che, di lì a poco, moltissimi altri settori di produzione adottarono quello che negli anni 30 fu ribattezzato “fordismo”, dando una significativa svolta all’industria, all’economia e alla società in genere.

Questa parte, probabilmente, la conoscevi già, ma sono tanti gli episodi della vita di Ford che meritano di essere esplorati e che, in un modo o nell’altro, hanno contribuito a fare di lui un personaggio storico indimenticabile se pur molto controverso e discutibile sotto certi aspetti ideologici. Ma parleremo anche di questo più avanti; per ora, cominciamo dall’inizio.

Un figlio della Seconda Rivoluzione Industriale

Henry Ford nacque nel 1863 in una fattoria del Michigan, da una famiglia di origine irlandese. Fin da bambino, affascinato dalle grandi scoperte ed invenzioni della seconda rivoluzione industriale, allora in pieno sviluppo, mostrò una grande passione per la meccanica e per le macchine a vapore.

A soli 16 anni, lasciò la scuola e la famiglia per andare a lavorare come apprendista in una fabbrica di Detroit, dove imparò i rudimenti della lavorazione dei metalli e della costruzione di motori. Nel 1888, si sposò con Clara Bryant e si stabilì a Dearborn, dove, spronato da una voglia irrefrenabile di accrescere le sue conoscenze e le sue abilità, continuò a sperimentare con le macchine e a costruire i suoi primi prototipi di motori a combustione interna.

Nel 1891, Ford tornò a Detroit e trovò lavoro come ingegnere presso la Edison Illuminating Company, dove ebbe l’occasione di incontrare il famoso inventore Thomas Edison, che lo incoraggiò a proseguire i suoi studi sull’automobile.

Nel 1896, Henry costruì la sua prima auto, chiamata Quadricycle, che consisteva in un telaio di metallo con quattro ruote di bicicletta azionate da un motore a benzina. Forte di un innato e già maturo spirito imprenditoriale, il giovane costruttore vendette il suo Quadricycle per finanziare la costruzione di un secondo modello, più potente e sofisticato.

Nel 1899, Ford lasciò la Edison e costituì la sua prima azienda, la Detroit Automobile Company, con l’obiettivo di produrre auto in serie. Tuttavia, il progetto fallì dopo solo due anni, a causa della scarsa qualità e dell’alto costo dei veicoli prodotti. Ovviamente, il più che determinato neo-imprenditore non si perse d’animo e, di lì a poco, avviò una nuova società, la Henry Ford Company, che però abbandonò presto a causa di divergenze con i soci.

Nel 1903, il quarantenne Henry fondò la sua azienda definitiva, la Ford Motor Company, con il sostegno di alcuni investitori, tra cui il famoso magnate del petrolio John D. Rockefeller. Questa volta, Ford aveva le idee chiare: voleva produrre auto semplici, affidabili ed economiche, destinate al grande pubblico e non solo ai facoltosi.

La rivoluzione “Tin Lizzie”: La catena di montaggio

Il 1908 fu l’anno della svolta per la Ford Motor Company e per l’intero mondo dell’automobile. In quell’anno, infatti, Ford lanciò sul mercato il suo capolavoro: il Modello T, soprannominato affettuosamente “Tin Lizzie”, ovvero “Lizzie di latta”, dove “Lizzie” sta per il diminutivo di Elizabeth. Si trattava di un’auto semplice, robusta, facile da guidare e da riparare, che offriva prestazioni superiori a quelle dei concorrenti.

Ma la vera rivoluzione fu il prezzo: il Modello T costava solo 850 dollari, circa un quarto del prezzo medio delle altre auto dell’epoca. Come fece Ford a produrre un’auto così economica? La risposta sta nella sua geniale intuizione: la catena di montaggio.

Il brillante Henry si ispirò al sistema utilizzato nelle fabbriche di carne in scatola, dove i lavoratori si occupavano ciascuno di una singola operazione su un prodotto che, scorrendo su un nastro trasportatore, veniva progressivamente completato e approntato per la vendita. Ford applicò lo stesso principio alla produzione delle auto, suddividendo il processo in una serie di fasi semplici e standardizzate, che richiedevano poco tempo e poca abilità e che permettevano ad ogni operaio della sua fabbrica di specializzarsi in determinate operazioni, acquisendo una sempre maggiore abilità e velocità. In questo modo, Ford riuscì a ridurre i costi e i tempi di produzione, aumentando la produttività e la qualità. Il Modello T divenne così l’auto più venduta al mondo, con oltre 15 milioni di esemplari prodotti tra il 1908 e il 1927.

Il padre del welfare aziendale

Ma Henry Ford non fu solo un innovatore tecnologico, fu anche un pioniere del modo di fare impresa e di gestire i rapporti con i dipendenti. Ford capì che per mantenere alta la produzione e la domanda, era necessario garantire ai lavoratori una buona retribuzione e una buona qualità della vita.

Nel 1914, Ford introdusse la giornata lavorativa di otto ore e il salario minimo di cinque dollari al giorno, il doppio di quello medio dell’epoca. Queste misure, oltre a migliorare le condizioni dei lavoratori, aumentarono la loro fedeltà e la loro motivazione, riducendo il turnover e l’assenteismo. Lo stesso Henry Ford, alcuni anni dopo, dichiarò: “Ci siamo risolti a pagare salari più alti per creare fondamenta solide su cui basare l'azienda. Stavamo investendo sul futuro, un'azienda che paga salari bassi appare sempre insicura”.

Inoltre, il lungimirante imprenditore americano implementò una serie di servizi e benefit per i suoi dipendenti, come la costruzione di scuole, biblioteche, cliniche e case popolari all’interno dei suoi complessi industriali, nonché l’introduzione di sistemi pensionistici e assicurazioni che offrivano ai suoi lavoratori una maggior sicurezza economica.

Ford fu così il precursore del welfare aziendale, un modello di gestione che mira a conciliare gli interessi dell’impresa con quelli dei lavoratori e della società; finalizzato certamente anche ad un aumento della produttività della forza lavoro.

L’eredità di Henry Ford

Certamente a Henry Ford va riconosciuto il merito di aver rivoluzionato il mondo della produzione industriale e del lavoro; tuttavia, questo personaggio così significativo per la storia italiana, non è estraneo a controversie e dissensi.

Ford, infatti, se pur si dichiarava un filantropo e un pacifista, diede ad intendere anche di avere ideologie antisemitiche e di essere un simpatizzante del nazismo. Fu un innovatore e un progressista nell’ambito del suo business, ma anche un deciso conservatore e un tradizionalista.

La sua eredità, tuttavia, è innegabile. Ford ha cambiato il volto dell’industria e ha dato il via a una nuova era di sviluppo economico e sociale. Ha reso l’automobile un bene alla portata di tutti, contribuendo allo sviluppo della mobilità, e ha introdotto un modello di gestione delle risorse umane che ha migliorato le condizioni dei lavoratori e che ha influenzato le politiche sociali dei governi.

Questo ci insegna che, anche nel trarre insegnamento e ispirazione dalle storie di grandi imprenditori, è necessario usare discernimento; separare tutti gli aspetti positivi e le idee sviluppabili dalle ombre oscure che si insidiano tra le grandi idee di persone che, se pur brillanti e ingegnose, come qualunque altro uomo o donna, sono fallibili sia dal punto di vista strategico che da quello umano.

Bene, caro lettore, per questa terza parte della nostra rubrica è tutto. Speriamo di averti piacevolmente intrattenuto. Se hai voglia di altre affascinanti storie di grandi imprenditori, ti consigliamo di leggere i due precedenti articoli di questa serie, dedicati rispettivamente a Steve Jobs e a Coco Chanel.

Per il resto, nuove vite straordinarie verranno narrate in queste pagine prossimamente. 😉 A presto!

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